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Le malattie cardiache si distinguono in congenite e acquisite.

Le malattie congenite sono presenti alla nascita e molte volte si diagnosticano nel giovane se non addirittura nell’adulto. Dovute ad un difetto dello sviluppo embrionale che non completa la normale struttura del cuore e delle sue parti generando malformazioni, a volte, incompatibili con la vita già alla nascita. Queste malformazioni possono essere diagnosticate precocemente durante la gravidanza con un semplice esame ecografico. Nell’adulto si possono riscontrare malattie congenite misconosciute o note dalla nascita, moderatamente complesse, che si manifestano con una sintomatologia più o meno invalidante dopo decenni. Le più frequenti sono i difetti dei setti interatriale e interventricolare, la valvola aortica bicuspide, la coartazione aortica e la stenosi polmonare lieve. Il paziente adulto con cardiopatia congenita ha un rischio maggiore di aritmie e di dilatazione delle camere cardiache che può aggravare repentinamente lo stato di compenso con grave inabilità o addirittura morte. I pazienti congeniti adulti come anche i pazienti diventati adulti ed operati in età pediatrica o neonatale per gravi malformazioni, dovrebbero essere seguiti in centri specializzati da equipe dedicate multidisciplinari, trattati da cardiochirurghi e cardiologi competenti. Importante l’apporto di personale infermieristico, di specialisti di imaging, di pneumologi, nefrologi, neurologi per completare l’approccio multidisciplinare per questa categoria particolare di pazienti cardiopatici.

Le malattie acquisite rappresentano la stragrande maggioranza delle cardiopatie esistenti: la malattia coronarica, le malattie delle valvole cardiache, le aritmie, l’insufficienza cardiaca, le pericarditi sono esclusive del cuore ma a queste aggiungerei la patologia dell’aorta toracica che ha interesse cardiochirurgico se colpisce il tratto iniziale (bulbo e aorta ascendente) e l’arco aortico.

Insufficienza Cardiaca (Scompenso)

E’ tra le cause più frequenti di ospedalizzazione nei pazienti con età superiore a 65 anni nella forma acuta, in continuo aumento probabilmente correlata all’invecchiamento della popolazione. Si manifesta con una disfunzione della contrattilità o del rilasciamento del muscolo cardiaco: disfunzione sistolica e disfunzione diastolica.

La disfunzione sistolica è caratterizzata da una diminuita forza di contrazione del cuore e misurata tramite Esame Ecocardiografico con la Frazione di Eiezione (FE%). La causa più comune è la malattia ischemica miocardica (stenosi critiche coronariche o infarto) quando un ridotto o mancato flusso di sangue alle cellule del territorio della coronaria malata esitano in una cicatrice che non ha azione contrattile. Una riduzione della forza di contrazione si ha anche nelle malattie infiammatorie del muscolo cardiaco (miocarditi). Di solito uno stato di scompenso si ha quando la FE si riduce al di sotto del 45%.

La disfunzione diastolica è caratterizzata da una riduzione del riempimento del ventricolo durante la diastole e conseguente riduzione della gittata cardiaca quale si può trovare nel tamponamento cardiaco.

Il sintomo più comune nello Scompenso è la dispnea che può essere a riposo nei casi più gravi di scompenso acuto. Nello scompenso cronico il versamento pleurico e gli edemi periferici sono i segni più frequenti. La presenza di rantoli all’ascoltazione del torace è molto frequente come anche la presenza di un soffio sistolico da insufficienza mitralica relativa. Aritmie come la Fibrillazione Atriale possono aggravare lo scompenso. La diagnosi è clinica soprattutto per i segni e i sintomi descritti. L’esame Ecocardiografico può confermare il deficit di pompa del muscolo cardiaco e il Laboratorio può aiutarci nella diagnosi di scompenso con il BNP e il NT-proBNP che hanno una grande specificità e aumentano nei pazienti con insufficienza cardiaca.

Ischemia Coronarica e Infarto Miocardico

Le arterie coronarie forniscono ossigeno e nutrienti alle miocellule cardiache. La contrattilità del cuore e quindi la funzione di pompa è proporzionale alla buona funzione del circolo coronarico. La riduzione del flusso coronarico per stenosi di una o più arterie coronarie o addirittura l’occlusione determinano un danno alle miocellule tributarie di quelle arterie, che prive di ossigeno, soffrono e muoiono. Questa è la genesi dell’ischemia e dell’infarto miocardico. La causa di tale danno, molte volte mortale, è l’aterosclerosi che con le placche che si accrescono all’interno del lume della coronaria ne provocano un restringimento (stenosi) tollerato fino a valori critici superati i quali si ha sintomatologia tipica (angina pectoris) durante sforzo. Quando la stenosi si accresce fino ad occludere il 100% del vaso si parla di infarto la cui gravità dipende dalla coronaria colpita. Per tale motivo vi sono infarti che possono passare inosservati e infarti rapidamente mortali. In ogni caso anche l’infarto di un piccolo vaso provoca la necrosi della zona tributaria a quella coronaria con deficit di pompa.

L’ipertrofia ventricolare sinistra, per l’aumento in volume della massa cardiaca globale, può portare a disturbi anginosi per la discrepanza tra il letto vascolare coronarico e la massa miocardica aumentata. In questo caso, pur in presenza di arterie coronarie sane, l’irrorazione del ventricolo ipertrofico può essere deficitaria generando, soprattutto durante sforzo, il tipico dolore retrosternale da ischemia miocardica.

E’ estremamente importante riuscire a fare diagnosi precoce di Infarto Miocardico Acuto. Il trattamento precoce (entro 90 minuti dall’insorgenza del dolore) può salvare una vita umana. La diagnosi precoce si avvale di un semplice elettrocardiogramma che, se positivo (tratto ST sopralivellato – STEMI) associato a dolore tipico, indirizza il paziente verso l’Emodinamica più vicina per il trattamento in emergenza dell’IMA mediante angioplastica primaria (rete dell’infarto). Anche il Laboratorio è utile tramite il dosaggio di enzimi miocardio-specifici (troponina, CPK-MB) che, se alterati, indicano la presenza di danno miocardico.

Malattie delle Valvole del Cuore

La malattia valvolare più diffusa è la Stenosi Aortica seguita dall’Insufficienza Mitralica. Per stenosi si intende un restringimento dell’orifizio dovuto a calcificazioni che impediscono il normale movimento di chiusura/apertura per degenerazione dei lembi valvolari determinando un gradiente transvalvolare che determina la gravità della lesione. L’insufficienza solitamente è dovuta a mancata chiusura dei lembi valvolari per lesioni delle cuspidi, per dilatazione dell’anulus o per patologia dell’apparato sotto-valvolare.

Altre valvulopatie frequenti sono l’Insufficienza aortica, l’Insufficienza Tricuspidale e la Stenosi Mitralica. La stessa valvola può avere un doppio difetto (steno-insufficienza).

Inizialmente l’eziologia più frequente delle valvulopatie era di natura reumatica ma da quando nei paesi sviluppati si è instaurata la prevenzione primaria della febbre reumatica, questa causa è praticamente scomparsa. Nei paesi in via di sviluppo ancora questa eziologia è molto frequente.

Il trattamento di queste malattie valvolari è quasi esclusivamente cardiochirurgico. Di recente lo sviluppo di nuove tecnologie, materiali e metodi ha permesso, nei  pazienti ad alto rischio chirurgico, di effettuare la sostituzione della valvola aortica per via percutanea (TAVI) anziché tramite intervento cardiochirurgico (AVR). Anche nei pazienti ad alto rischio chirurgico, con Insufficienza Mitralica esiste la possibilità del trattamento percutaneo per ridurre l’insufficienza mediante posizionamento di clips metalliche (MitraClip).

La malattia valvolare può essere associata ad altre patologie cardiache (coronarie, difetti settali, aneurismi aortici, ecc.) e l’approccio in questi casi è prevalentemente cardiochirurgico. La valvola aortica quando stenotica non può essere riparata e viene sostituita con una protesi biologica o meccanica. La sostituzione valvolare Aortica con protesi meccanica (solitamente bidisco) richiederà una anticoagulazione a vita per evitare la trombosi degli emidischi. Questo tipo di protesi si addice nel soggetto giovane per evitare un reintervento come potrebbe accadere per le protesi biologiche, di solito scelte nel paziente anziano, che hanno una durata limitata ma non hanno bisogno di terapia anticoagulante.

Aritmie

Un grande capitolo delle patologie cardiache sono le Aritmie che possono essere associate o meno ad altre cardiopatie. Sono disordini del ritmo cardiaco a volte gravi e letali a volte innocui. Tra le più temibili per la vita la Fibrillazione Ventricolare secondaria a Infarto Miocardico Acuto che è l’evento che porta a morte il paziente se non si è in presenza di un defibrillatore o se non si instaura una immediata efficace rianimazione cardiopolmonare da personale istruito.

La Fibrillazione Atriale è frequente soprattutto se associata ad altre cardiopatie valvolari o ischemiche ed è abbastanza presente nell’insufficienza cardiaca da miocardiopatia dilatativa. E’ mal tollerata quando insorge per la prima volta e se non trattata farmacologicamente può determinare ictus cerebrale da trombi a partenza dall’atrio di sinistra. Questi trombi sono favoriti dalla mancata spremitura dell’atrio, nelle cui trabecole si formano per il movimento vermicolare dell’atrio che determina una stasi del sangue che quindi coagula. Per tale motivo il paziente con Fibrillazione atriale parossistica soprattutto se misconosciuta e scoperta occasionalmente durante una vista cardiologica, dovrebbe iniziare la terapia anticoagulante.

I sintomi delle aritmie sono molto variabili e legati alla percezione del paziente: palpitazioni, ritmo irregolare, tachicardia. Sono modulati da stati emotivi (ansia, stress), da patologie di altri organi (ipotiroidismo, gastrite) o possono manifestarsi con sincope, scompenso cardiaco o ictus cerebrale. Anche l’utilizzo di farmaci può rallentare il ritmo cardiaco fino a pause patologiche e a blocco atrio-ventricolare che a volte, se non regrediscono dopo la sospensione del farmaco incriminato, potrebbero portare all’indicazione urgente di impianto di Pacemaker. Per tale motivo è necessaria un’attenta anamnesi e una visita accurata del medico specialista di fiducia.

Il medico specialista che tratta le aritmie è il Cardiologo Elettrofisiologo. Tra i più frequenti esami per valutare le aritmie sono l’ elettrocardiogramma (ECG), l’elettrocardiogramma dinamico (Esame Holter ECG) delle 24 ore o multi-day e lo Studio Elettro-fisiologico. Altri esami più specifici verranno presi in considerazione del caso (RNM cardiaca, prova da sforzo) dal tuo medico.

Altre forme di Aritmia sono i difetti di conduzione atrio-ventricolare (blocchi AV di 1°, 2° e terzo grado), intraventricolari (blocchi ed emiblocchi di branca) o il blocco seno-atriale. Molto frequenti le extrasistoli ventricolari e sopraventricolari che sono avvertite dal paziente come palpitazioni di breve durata. Non descriveremo la aritmie che sono tante e complesse e la cui terapia può risolvere (ablazione), sostenere (pacemaker) o agire (defibrillatore) quando il deficit cardiaco derivante dall’episodio aritmico viene a manifestarsi. La terapia farmacologia antiaritmica è il presidio  attualmente più utilizzato e, quando ben condotta, risolve la stragrande maggioranza di aritmie sotto attento controllo cardiologico.

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